Regia di Gabriele Vacis. Scenofonia di Roberto Tarasco.
Con Davide Antenucci, Andrea Caiazzo, Pietro Maccabei, Eva Meskhi, Erica Nava, Enrica Rebaudo, Edoardo Roti, Letizia Russo, Lorenzo Tombesi, Gabriele Valchera.
Co-produzione Teatro Olimpico di Vicenza, CMC nido di ragno, PoEM Impresa Sociale.
La tragedia di Eschilo coglie il momento del conflitto tra Zeus e Prometeo, dopo che il figlio del titano ha protetto gli uomini, la sua creazione, dal dio capriccioso a cui gli uomini già non piacevano più, era geloso perché assomigliavano troppo agli dei. E come li protegge Prometeo? Donando loro il fuoco, cioè la tecnologia. Quando Zeus scopre che il suo amico gli ha rubato il fuoco per donarlo agli uomini si sente tradito e punisce Prometeo nel peggiore dei modi: lo spedisce ai confini del mondo, che per i greci era il Caucaso, e lo fa incatenare ad una rupe dove tutte le mattine un’aquila verrà a divorargli il fegato che ogni notte gli ricresce.
Nel tempo Prometeo è stato simbolo della ribellione. È un personaggio che i giovani amano perché, come loro, non riesce a contenere i suoi sentimenti e la sua forza dei recinti stabiliti dalle convenzioni, quindi la sfida all’autorità costituita è la sua condizione vitale. Poi Prometeo è anche l’archetipo della conoscenza tecnologica e scientifica liberata dalle catene della superstizione e dell’ignoranza. Come sempre nei classici è facile ritrovare situazioni e problemi di oggi. Si dice che i classici sono attuali. Ma più che altro sono contemporanei. Spesso usiamo attualità e contemporaneità come sinonimi, ma attualità è stare in un solo tempo: adesso. Contemporaneità è riuscire a comprendere tutti i tempi.
Prometeo è uscito dallo spazio teatrale in più occasioni. Amplificando così il suo significato e arricchendosi di incontri diversi. La struttura e il corpo dello spettacolo si è riadattato alla situazione e al luogo, come ad esempio alle Officine Morello di Leinì (TO) e al Termovalorizzatore di Beinasco (TO).