Antigone e i suoi fratelli
da Sofocle
adattamento e regia Gabriele Vacis
con (in ordine alfabetico) Davide Antenucci, Andrea Caiazzo, Lucia Corna, Pietro Maccabei, Lucia Raffaella Mariani, Eva Meskhi, Erica Nava, Enrica Rebaudo, Edoardo Roti, Letizia Russo, Daniel Santantonio, Lorenzo Tombesi,
Gabriele Valchera, Giacomo Zandonà
scenofonia e ambienti Roberto Tarasco
pedagogia dell’azione e della relazione Barbara Bonriposi
dramaturg Glen Blackhall
suono Riccardo Di Gianni
cori a cura di Enrica Rebaudo
Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale
in collaborazione con Associazione culturale PoEM
Antigone e i suoi fratelli mette in scena uno dei personaggi femminili più importanti della storia del teatro attraverso due tragedie: Fenicie di Euripide e Antigone di Sofocle, perché conoscendo gli antefatti è possibile comprendere meglio le scelte della protagonista. Antigone nel corso dei secoli, dei millenni, è stata il simbolo della rivoluzione ma anche della conservazione più oscurantista. Sono questo i classici, comprendono la cosa e il suo contrario, contengono i paradossi, sono specchi che riflettono gli sguardi di un'epoca.
Lo spettacolo alterna brani di Euripide e di Sofocle a interventi pensati e scritti dagli attori e dalle attrici che sono giovanissimi. Ascoltateli bene, perché le questioni che pongono sono enormi. Si interrogano sul senso delle cose, sul futuro come promessa o come minaccia, e su come occupare il tempo che hanno a disposizione. C'è questo doppio sentimento che sto esplorando da un po' di anni, un sentimento che, sono sincero, prima generava in me un certo distacco dai nostri giovani. Mi sembrava che per loro fosse tutto dovuto. Poi invece mi sono accorto della complessità da cui erano attraversati e di cui erano portatori. L'ho capito lavorando con i palestinesi o con le ragazze dell'Est. Confrontandoli con gli studenti delle scuole per attori che ho diretto o con cui ho collaborato. Di cosa mi sono accorto? Che i nostri ragazzi, molti di loro, non tutti ovviamente, hanno una mostruosa fame di senso. Fame di obiettivi che li costringano a divorare il mondo. Fame di rischio. Parlo con alcuni di loro e mi sento dire che guardano con ammirazione ai coetanei ucraini che rischiano la vita per il futuro della loro terra, che pensano ai coetanei iraniani che rischiano la vita per la libertà delle madri e delle sorelle. Per dirti, quando lavoro con dei giovani palestinesi non ho bisogno di chiedere loro di concentrarsi, non dedico un minuto a far sì che siano presenti a loro stessi e agli altri, perché sanno sempre dove sono e cosa stanno facendo. Con i nostri ragazzi ci lavoro da anni, solo su questo: che siano presenti, che siano consapevoli, che non suggano, che non si distraggano.